Antichrist Superstar

Antichrist Superstar è stata sicuramente una delle performance più incredibili della storia del rock. Rimpiango di non esserci stato perché penso sia stata una esperienza assolutamente paranormale. Purtroppo, la critica musicale non ha mai compreso la grandezza di questo artista, così sopra le righe, così incredibilmente performante dal vivo, così osceno, così fottutamente rock. Poi per chi lo accusa di satanismo credo che non abbia mai letto Nietzsche e il chiaro riferimento all’opera “L’anticristo”.

Nietzsche è stato uno dei più grandi libertari della storia, malamente frainteso dalla cultura di destra, e al contempo dalla sinistra. Egli predicava la liberazione dell’uomo da tutte le oppressioni dei falsi valori inculcati dal cristianesimo e in particolare dal Cattolicesimo, che per sopprimere i popoli utilizzava la falsa morale dell’amore per il piccolo e il miserevole ai fini di tarpare le ali dell’uomo vero, dell’oltre uomo, l’artista colui che è capace di muoversi liberamente dai tutti i vincoli e comprendere da sé quello che è buono e giusto, attraverso un cammino fatto anche di errori, ma che solo può condurre al fine ultimo della vita.

Non pochi santi sono passati dal peccato prima di comprendere cosa era davvero giusto. Ma il rischio di qualsiasi insegnamento è quello di sfociare in una religione, in dogmi che tagliano le ali al genio, che forse è dentro ognuno. Nietzsche insomma amava troppo l’umanità per non svelare i segreti inconfessabili che si celano dietro al falso vivere civile, che non è altro che un gioco di rapporti di forza. In realtà l’umanità sarà giunta a maturazione quando riconoscerà i falsi valori, i rapporti di potere che vi stanno dietro.

E’ quindi necessaria una fase di ristrutturazione specificamente individuale che porti pochi eletti a indicare la strada, di spogliarsi di ogni conoscenza acquisita e di consegnarla a tutti coloro che saranno disposti ad accettare una realtà bruta. Ma la bellezza passa dalla bruttezza, dal dolore, dalla perdita di certezze, dalla grande disillusione. E in questo Nietzsche è stato insuperabile. Manson fa proprio il suo “insegnamento” (di Nietzsche) ed elabora una propria estetica artistica, che lo rende assolutamente unico nei periodi di maggiore ispirazione. Toccando delle vette espressive probabilmente inarrivabili per forza, potenza, originalità e peculiarità musicale.

Una voce graffiante, toni industriali pesantissimi, una presenza scenica mostruosa da film dell’orrore che svelano la vera essenza di questa vita, della famiglia americana tutta patinata e sorridente, della media borghesia insomma, che dietro le luci in privato coltiva sogni inconfessabili, intrinsecamente fascista. Ecco Manson svela tutto ciò, andando ben oltre perché tocca non solo la razionalità dell’esistenza ma soprattutto quel mondo oscuro che Freud definì l’inconscio, il lato sotterraneo. Ecco Manson e la sua musica è l’inconscio, l’Es allo stato puro. Il dionisiaco di Nietzsche. L’essenza della forza bruta della vita. Nessuno è riuscito a esprimere tutto questo e sono certo che prima o poi qualcuno lo riconoscerà. Ma i tempi non sono ancora pronti, così dichiarava Zarathustra, ma attendo fiducioso…

Considerazioni sui Nazionalismi e sulla guerra in Ucraina

Ogni stato dovrebbe semplicemente pretendere il rispetto delle sue leggi, consentendo a tutte le proprie componenti di mantenere le proprie tradizioni culturali (linguistiche, religiose, tradizionali, folcloristiche) a patto che non vadano contro la Carta Costituzionale.

Al contempo deve essere inclusivo e dare a tutte le sue componenti la possibilità di farcela. Se non fa questo rischia lo sgretolamento e la creazione di tanti piccoli nazionalismi che possono condurre a guerre fratricide.

Purtroppo, a volte accade che per interessi geopolitici, Stati (multinazionali, come è il caso degli Stati Uniti) “intervengano” destabilizzando la convivenza civile, ovviamente per un proprio tornaconto “Nazionale”. E questo è un paradosso perché gli Stati Uniti si sono fondati proprio sul multinazionalismo dei suoi cittadini.

Mi viene allora il sospetto che dietro i continui nazionalismi che hanno portato allo smembramento dell’Unione Sovietica, ci sia stato lo zampino americano, che ha sobillato attraverso influenze più o meno occulte la nascita o l’inasprimento dei vari nazionalismi già presenti allo stato germinale nello stato multinazionale sovietico.

Ciò non è un bene perché i nazionalismi “recenti” più che l’autodeterminazione dei popoli (che poi è un’invenzione pure questa, in quanto è autodeterminazione innanzitutto di ristrette élite accomunate sia idealisticamente ma anche e forse soprattutto per interesse) creano conflitti più o meno insanabili, nascondendo in realtà battaglie ben più ampie tra gli Stati Uniti e l’Oriente in cui confluiscono gli interessi della Russia e della Cina (soprattutto di quest’ultima a questo punto della storia).

Per questo mi viene da pensare che la guerra in Ucraina (anche per come è nato il conflitto, innanzitutto interno, come guerra civile tra le regioni del Donbass filorusse e quelle occidentali filo occidentaliste – che poi anche qui ci sarebbe da aprire un discorso su come è nato questo conflitto intestino) sia il campo di battaglia su cui si sta svolgendo un conflitto ben più ampio che è quello del campo occidentale dominato dagli Stati Uniti e quello orientale dominato dalla Cina e in secondo piano dalla Russia.

Una nuova Guerra fredda o meglio al momento tiepida tra i due blocchi sta avvenendo, sperando non diventi mai bollente, per il bene e il futuro dell’umanità. Certo è che si sta giocando col fuoco.

Il merito e una società più giusta

Oggi in Italia si parla tanto di merito. Esso dovrebbe “ritornare” centrale nelle scuole di ogni ordine e grado. Tuttavia il merito è una variabile dipendente dal sistema dei valori prevalenti. Per questo una mente portata alla comprensione attraverso lo spirito critico viene certamente svantaggiata da chi “studia a memoria”. Poi un altro discorso ci sarebbe da fare.

Oggi le scuole sono diventate sempre più delle aziende, in cui non si bada tanto all’educazione di un cittadino consapevole dotato di una propria coscienza e autonomia di pensiero, ma a soldatini che si limitano a compiere il proprio compitino. Questo è certamente sintomatico di una società e di una politica che ha rinunciato a mettersi in discussione ma ha assunto come valori assoluti quelli del profitto e del dio denaro.

E’ una società oltre modo conservatrice e conservativa. Da una parte infatti abbiamo una destra intollerante, che cerca di preservare un passato “puro” che non è mai esistito. Dall’altra parte invece c’è una sinistra iperliberista, che crede ciecamente nelle regole del mercato dimenticando gli ultimi, in virtù di interessi che non sono certamente delle classi sociali che dovrebbe tutelare. In mezzo quindi ci sono i cittadini che non hanno più un’adeguata rappresentanza, qualcuno che davvero tuteli i propri interessi.

E se è comprensibile l’esistenza di una destra liberale (quella intollerante, purtroppo oggi prevalente in Italia, meriterebbe un discorso a sé stante) purtroppo manca un partito serio di sinistra che possa rimettere sul tavolo non solo a parole la questione sociale. In Italia con tutti i suoi limiti ci ha provato il Movimento Cinque Stelle, un partito che è nato con la pretesa di non rispondere a nessun orientamento ideologico. Ma vuoi o non vuoi ha finito per schierarsi a sinistra, come d’altra parte era in nuce già all’origine.

Purtroppo non essendo tuttavia un partito di classe, procede a tentoni, per bonus, dimenticando le ragioni del malessere sociale, quindi agendo da farmaco che attenua i sintomi ma assolutamente non risolve la malattia sistemica, che ha avvelenato il corpo sociale, frammentandolo, assurgendo come valore dominante la competizione e l’individualismo, fatto poi aggravato dalla grave crisi economica, che obbliga la gente a dimenticare le questioni ideali, ma a cercare semplicemente di “sbarcare il lunario”.

Questa purtroppo è la fotografia della situazione attuale, in Italia ma in po’ in tutte le democrazie occidentali. Serve per questo rimettere al centro la questione sociale, che è anche lotta di classe. Ma come fare, in uno scenario politico e partitico in cui gli interessi dei cittadini e degli ultimi non hanno più nessun referente?

La situazione è molto seria e aggravata dalle innumerevoli crisi internazionali, energetiche e climatiche che inaspriscono i conflitti, irrigidiscono la società e tolgono spazio ad un dibattito, oggi più che mai indispensabile: come salvare l’umanità, come cercare un nuovo equilibrio che possa redistribuire la ricchezza e il potere, insomma come rendere la società più equa e giusta?

Analisi psicologica della Guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina oramai è divenuto di fatto un conflitto mondiale. Purtroppo come al solito a farne le spese sono il popolo inerme, i civili, le donne, i bambini e anche quei militari che sono stati mandati a combattere una guerra assurda e fratricida, perché la guerra in Ucraina è anche una guerra civile.

Purtroppo questa è una situazione che viene da lontano a partire dalla rivoluzione arancione del 2004. Le fasi del conflitto sono molteplici e intricate, però una cosa balza agli occhi. L’Occidente e ovviamente la Russia autoritaria di Putin non hanno cercato un’armonizzazione del conflitto. E’ vero che da una parte il punto di vista era indirizzato verso i valori democratici occidentali e che dall’altra parte c’era di mezzo un’autocrazia. Io sono dalla parte della libertà, quindi ovviamente non posso essere un filoputiniano, ma il bene supremo da mantenere era la pace, e questo innanzitutto per il bene del popolo Ucraino. Per questo si doveva rendere questo paese una zona franca, ricca, autonoma, una sorta di cerniera e al contempo un ponte tra questi due mondi così lontani.

Invece l’Ucraina è diventata una terra martoriata, e questo perché nessuna delle due potenze (Americani ed Europei da una parte, Russia dall’altra) ha cercato il compromesso, l’accordo. Purtroppo ho la sensazione che questa guerra sia diventata, e in nuce lo era già all’origine, un campo di battaglia per interessi che non sono solo esclusivamente nazionali. Certo è difficile comunicare con un autocrate come Putin ma si doveva e si poteva fare di più. Le colombe della pace non hanno avuto molto spazio di volo, mentre invece hanno prevalso i falchi e questi sono ora i risultati. Un paese distrutto, il rischio dell’atomica.

Chi parla di pace non è un pazzo. Come in ogni conflitto se si vuole sanarlo, non si può pensare alla distruzione dell’avversario, a meno che non si vogliono pagare conseguenze terribili. Questo è successo nella seconda guerra mondiale, ma lì non si poteva fare altrimenti. Con un Hitler che stava sterminando milioni di persone nei campi di concentramento e che aveva dichiarato guerra al mondo intero. Con ciò non voglio dire che Putin tutto sommato è un buon dittatore, ma per fortuna, per il momento, la guerra seppur negli effetti mondiale, è sul campo, regionale. Quindi la situazione non è insanabile. Forse qualche concessione gli andrà fatta, e perdonato molto, in attesa magari che sia il suo stesso popolo a stancarsi di lui, ma non si può pensare alla distruzione della Russia. Perché questo muro contro muro a cosa può portare?

La speranza sta tutta nelle sanzioni immagino, che scavino dal di dentro il regime di Putin, e questa sicuramente è una via da percorrere, anche solo per metterlo alle strette. Forse la speranza dell’Occidente è che a lungo andare la stretta faccia crollare l’economia russa, però nel frattempo il sangue continua a scorrere. E con esso cresce l’odio, il rancore e l’impossibilità di trovare un accordo che in qualche modo non scontenti troppo, dato che tutti ne usciranno sconfitti alla fine, come dopo ogni guerra.

Certo c’è stato un popolo aggredito, e questo già di per sé è tutto. Ma sono stati commessi troppi errori, prima con l’incapacità di scongiurare la guerra e poi non riuscendo a farla finire il prima possibile, dando delle rassicurazioni al dittatore sanguinario, provando anche a comprendere le sue “ragioni”, perché quando parla l’odio si ha il dovere morale non di rispondere con l’odio ma col potere delle parole, che sapute usare sono potentissime anche per placare il peggiore dei mostri. Invece abbiamo scelto la via della distruzione con l’aggravante che oggi rispetto ai conflitti del passato c’è l’atomica, che cambia tutto.

Una breve postilla va aggiunta tuttavia. E permettetemela senza essere accusato di essere antiamericano. Quando gli Stati Uniti in tempi recenti hanno attaccato e distrutto l’Iraq e l’Afghanistan dove era l’Europa e l’Italia? Per non parlare della guerra in Libia. E poi chi ha buttato le uniche due bombe atomiche della storia? Purtroppo almeno in politica estera, sembra che come al solito non prevalga il diritto internazionale. Ma la volontà di potenza e la crudeltà. Per questo attenti a dichiararsi apostoli del bene, puritani dalla coscienza sporca. Ma ripartiamo per costruire un mondo migliore, dove alla logica della potenza prevalga quella del dialogo, anche degli opposti. Solo così si può pensare di migliorare questo mondo e far ragionare anche il più terribile dei mostri. Non certo sfoderando i muscoli per portare il confronto proprio sul campo che diciamo di avversare

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Danni collaterali

La cosa terribile delle guerre è che oltre all’incommensurabile e assurdo bagaglio di morte e distruzione di cui sono dispensatrici a profusione, annientano il dibattito politico, polarizzano le posizioni e impediscono di affrontare i problemi che già di per sé si presentano all’ordine del giorno.

Ad esempio, ormai il Covid è diventato un tema di terz’ordine, ma si parla anche pochissimo di ripresa economica, di efficienza energetica, di crescita sostenibile, di diritto del lavoro, di benessere del cittadino. Ormai insomma si parla solo di guerra. Con ciò non voglio dire che non sia un tema terribile, doloroso e centrale, ma piuttosto che fare su 24h di informazione 23 di guerra non credo aggiunga molto all’informazione sul conflitto per il cittadino, magari se ne potrebbero fare 12.

Purtroppo, il problema del Global Warming ad esempio non si è estinto, anzi sta accelerando drammaticamente. Il problema della crescita economica e dei diritti dei lavoratori, non solo all’occupazione, ma anche alla buona occupazione, sembra essere superato. Per non parlare del benessere psicologico dei giovani e dei soggetti più fragili dopo l’isolamento sociale inasprito dal Covid e dalle misure adottate per contenerlo.

Insomma, la guerra in Ucraina davvero non ci voleva. Putin è stato un criminale ad invaderla e forse l’Occidente avrebbe potuto fare qualcosa in più per scongiurare questo folle e omicida attacco. E pur tuttavia nonostante le gravi conseguenze che sta apportando non rimane la sola questione politica rilevante, seppur ha certamente condizionato non solo il dibattito ma anche l’esacerbazione di alcune problematiche quali l’approvvigionamento energetico europeo e il terribile dibattito su disastrose escalation militari anche di stampo atomico.

Infatti, hanno rialzato la cresta i dispensatori di energia di origine fossile e oltre ad essi anche i propugnatori dell’energia atomica, dimenticando Chernobyl e Fukushima, oltre alle gravi problematiche di smaltimento dei rifiuti radioattivi. In ultimo, ma non certo per importanza, credo che sia scandaloso che dopo il Covid, tra le cui cause dirette potrebbe esserci anche l’attuale sistema economico adottato e le politiche ambientali degli stati (oltre naturalmente a quelle sanitarie, dove risulta fondamentale ormai a tutti, l’investimento necessario nel settore pubblico per combattere e prevenire altre pandemie), nessuno abbia veramente pensato di mettere in discussione il sistema di sviluppo mondiale, di stampo capitalistico e consumistico, che sta distruggendo il pianeta e facendo precipitare le condizioni di vita dell’umanità tutta, attraverso la degradazione del territorio, l’assottigliamento delle risorse, e i terribili effetti del riscaldamento globale.

Insomma, ci mancava solo la guerra per distogliere l’attenzione dalle tematiche politiche che saranno centrali nel nuovo millennio. Che Dio ci salvi, dato che l’uomo sembra incapace di farlo da sé!

Dedicato a chi sta distruggendo il pianeta

E’ possibile dire che la responsabilità sociale della distruzione del nostro Pianeta e quindi dell’uomo che ci vive, sia da imputare maggiormente alla classe dei produttori, un tempo chiamati capitalisti, che fregandosene del tutto delle pessime conseguenze della ricerca del profitto a tutti i costi, stanno inondando il pianeta di plastica e l’atmosfera di CO2? Perchè scusate a me non mi convine affatto che la colpa sia da imputare ai singoli consumatori.

Infatti per quanto un singolo consumatore stia attento, non potrà mai incidere sull’inquinamento come un grande industriale? O sbaglio? Purtroppo questa maledetta classe capitalista sta dominando non solo l’economia, ma anche la politica e i media (veramente servi del potere).

Per questo quando sento parlare di responsabilità individuale mi girano. Responsabilità individuale dei poveri cristi che a malappena sbarcano il lunario, sfruttati e mal pagati a cui viene fatto il lavaggio del cervello 24 ore al giorno? No scusate ma a una classe capitalistica che sta distruggendo il pianeta io non riesco a riconoscere il primato morale di indicare dove l’umanità deve andare.

Per questo la gente farebbe meglio a risvegliarsi, prima che sia troppo tardi. Per il Pianeta, e per noi stessi, che vi abitiamo per quel po’ di anni che ci è concesso vivere.

P.S. Fino a quando si penserà che movimenti come i 5S o i Fratelli del Duce, siano la soluzione significherà che non abbiamo capito un bel niente…Questi sono solo movimenti populistici o peggio regressivi che distolgono dal creare una vera alternativa, in cui confluiscano tutte le forze sociali sfruttate. Ma fino a quando il lavoratore non capirà che i nemici non sono gli immigrati, la magistratura, o in generale la politica, non andremo da nessuna parte.

La realtà è che la questione vera è il lavoro, i salari e le condizioni di sfruttamento, oltre che la distribuzione del reddito e naturalmente la sostenibilità dello sviluppo economico. Per questo ci vorrebbe una coalizione rosso-verde internazionale che riesca finalmente a condizionare le politiche dell’UE, sin ora dominate pesantemente dal liberismo unito all’austerity (insomma il peggio del peggio).

Se si può licenziare con un’email…

Mentre mezza Italia festeggia la vittoria degli azzurri agli Europei di calcio, c’è una minoranza (o forse più, chi lo sa) che ha altro a cui pensare. Tra di essi ci sono sicuramente i 422 lavoratori della Gkn di Firenze (più altri centinaia dell’indotto), azienda addetta alla produzione di semi-assi per l’industria automobilistica, che sono stati licenziati con una semplice email. La motivazione sembra essere semplice e al contempo non plausibile: dato l’andazzo della domanda, la Merlose, il gruppo finanziario che gestisce l’azienza, non può più tenere aperto lo stabilimento. Quindi ragioni economiche.

Il fatto non è causale, che sia avvenuto, nella prima decade di luglio. Infatti, il 30 del mese scorso il Governo ha sbloccato l’interdizione ai licenziamenti per mere ragioni economiche nel settore della meccanica (mantenendolo nel tessile). Questo potrebbe essere il triste prologo, di una stagione in cui ci sarà poco da gioire per centinaia di migliaia di lavoratori, che potrebbero perdere la loro occupazione, per mere speculazioni finanziarie, mascherate con la motivazione degli esuberi.

Infatti, questi licenziamenti giungono proprio nel momento in cui l’industria automobilistica stava dando chiari segnali di ripresa, denotando come la Merlose voglia mascherare, col pretesto della crisi del Covid, una mera delocazione produttiva, vale a dire, produrre, in Slovenia ad esempio, dove i diritti e il costo del lavoro, cioè la tutela del lavoratore, sono molto più bassi che qui in Italia.

Purtroppo, ora, al contrario, si parlerà sui media per settimane della vittoria degli azzurri, dimenticando chi invece in questo momento ha tutt’altro per la testa. Già ora infatti si parla della grande capacità di fare squadra, e dell’importanza del leder (il CT Mancini, che viene associato più o meno esplicitamente a Mario Draghi), denotando questo bisogno da una parte organicistico, di sopprimere il dissenso (dei singoli, o dei cattivi partiti) in grazia dell’interesse nazionale (o economico, ma di chi?); dall’altro questa voglia di un capo che magicamente se lasciato lavorare possa risolvere ogni problema.

Non so, tutto ciò puzza un po’ di fascismo. Infatti, una visione organicistica e corporativa della società era propria di quel modello, così come il conformismo e il culto dell’autorità. Si sa purtroppo per quella strada dove siamo arrivati. Ad un Paese chiuso, razzista, povero, distrutto.

A me, la via borghese della ricerca del benessere, ha sempre inquietato, speriamo che accanto al male dell’autoritarismo si attivino gli anticorpi democratici, ma al momento mi appare più semplice un’uscita netta dal Covid (impresa a dir poco ardua), che cambiare questo andazzo generale (non solo italiano, seppur l’Italia sembra essere la nazione occidentale, più esposta a tale male).

Ma va detto che una riproposizione del fascismo in senso letterale sembra abbastanza irripetibile per il momento. Come una malattia che assume varie forme a seconda dell’età del soggetto; però l’attenzione va tenuta alta, prima che come al solito non sia troppo tardi, e il contagio locale, non si scarichi in una vera e propria pandemia, dalle forme prevedibili (tutele assenti per il lavoratore, stato repressivo, società del controllo, negazione del dissenso come irricevibile a prescindere, morte e distruzione dell’ambiente e degli scarti umani, ovvero di coloro che non rientrano nel disegno totalitario, ovvero gli scarsamente produttivi, i nemici oggettivi, dunque).

Facciamo dunque attenzione! Informazionecritica.com vigilerà!

Trump aveva ragione sull’origine del Covid-19?

Trump dice: <<Il virus viene da un laboratorio cinese>>.

Fauci e tutti i virologi del mondo dicono che è sicuramente naturale.

I media, (almeno l’80%): <<Trump è un cinico che vuole nascondere i suoi fallimenti colpevolizzando la Cina>>.

Biden e i democratici: <<Il nemico è Trump. Lui aizza gli animi della folla, per rinsaldare le fila del suo elettorato.

Passano pochi mesi….

Amministrazione Biden: <<Il Virus molto probabilmente è scappato dal laboratorio di Wuhan. Tre addetti al laboratorio di ricerca sui coronavirus, contagiati a novembre>>.

Fauci, il più grande virologo del mondo, così maltrattato dal despota Trump, e paladino di tutti i liberal, ma che soprattutto ha sostenuto strenuamente per più di un anno, l’origine naturale del virus, ora ha molti dubbi a proposito…

Intanto si sono persi mesi preziosissimi per capire che diavolo davvero sia successo. Intanto stiamo vivendo l’equivalente di una guerra batteriologica. Intanto una catastrofe immane, che non si sa realmente quando finirà, nonostante i vaccini.

La politica in America si divide in base ai suoi interessi e non ha come priorità il diritto dei cittadini di sapere cosa sia davvero accaduto. Idem gli scienziati “indipendenti”, cambiano idea in base a chi governa e in base alla loro area di appartenenza politica o nazionale. Idem ovviamente i media.

Io non voglio difendere Trump, ma solo il fatto che fosse razzista, cinico, megalomane, un po’ folle, non mi evita di pensare che potesse dire la verità. Idem non sono nemmeno sicuro che i dubbi sollevati, ORA, dal moderato ed equilibrato Biden, sull’origine sintetica del virus (giravolta che ha dello stupefacente) siano sinceri, o mossi solo da ragioni di politica di potenza e propaganda in funzione anticinese.

Ancora però non si è individuato da quale animale il virus abbia fatto il salto di specie. Ma soprattutto la Cina ha nascosto e occultato inizialmente l’espanzione del virus sconosciuto all’epoca (forse già da settembre 2019) e sta facendo tutt’ora ostracismo sulle indagini che dovrebbero ricostruire l’origine della pandemia (almeno così ci dicono). Insomma una condotta che in un caso giudiziario indurrebbero ad un lecito sospetto.

Intanto però la il “Gigante Asiatico” si è ripreso subito (dando fastidio a qualcuno?). Ha fatto un immane salto in avanti, sfruttando al massimo il “vantaggio” di aver gestito meglio l’emergenza sanitaria, ma anche di essere stata la prima a conoscere l’esistenza del virus non comunicandola prontamente (facendo addirittura peggio dei sovietici dopo l’incidente di Chernobyl, quando non comunicarono l’accaduto per giorni).

L’Europa invece piange. E più di tutti piangono le persone comuni, che hanno perso la vita, la salute o la libertà.

P.S. Certo portare come unica prova che il virus sia scappato dal laboratorio di Wuhan, perchè tre ricercatori che vi lavoravano si sono contagiati di covid-19 a novembre 2019 per sostenere che l’epidemia sia partita davvero da lì, sembra qualcosa di molto debole. Perchè non si può escludere che a Wuhan, prima che la Cina comunicasse al resto del mondo, cosa stesse accadendo (gennaio 2020), si fosse già praticamente contagiata una buona parte della popolazione, appare possibile, se non probabile (sembra quasi un ripetersi della storia delle tante decantate armi nucleari detenute da Saddam Hussein, mai ritrovate, che furono il pretesto di Bush alla guerra in Iraq).

Ma allora perchè Biden, Fauci e company ora hanno cambiato idea?! Che non siano le stesse ragioni di realpolitik, in funzione antagonistica contro i temutissimi competitors globali di Pechino, che muovevano l’ex Presidente Trump?

Mario Draghi, il vero unto dal signore (no, non era Mr B.)

Come sappiamo, Mario Draghi ha chiesto aiuto per la definizione del Ricovery Found (Piano Nazionale di ripresa e resilienza) a delle società private esterne di consulenza americane (McKinsey, PwC, Ernst & Young, Accenture), evidentemente sue vecchie conoscenze (essendo stato tra il 2002 il 2005, Vice Chairman e Managing Director della Goldman Sachs, nota banca d’investimenti americana, ritenuta tra i principali attori responsabili della grave crisi finanziaria del 2008).

Ciò ha provocato ovviamente delle perplessità, soprattutto a sinistra dello schieramento politico, così il ministero dell’economia, guidato Daniele Franco, ex direttore generale della Banca d’Italia, ha dovuto precisare in una nota che <<La Mc Kinsey […] non è coinvolta nella definizione  del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr, [impropriamente ribattezzato Recovery Found dalla stampa nazionale])>>.

Ovviamente precisazione del tutto superflua, perché è chiaro che una società privata, tra l’altro straniera, non ha i poteri formalmente sanciti per definire una politica pubblica. Tuttavia, la precisazione, scontata e arida nella sue argomentazioni (da semplice ministro della Repubblica, non eletto, Franco evidentemente non deve rispondere all’opinione pubblica), sembra abbia placato immediatamente ogni polemica, come se non si aspettasse che un qualsiasi pretesto per spegnere ogni malumore sul nascere.

Tuttavia, questo episodio, prontamente rimosso dal dibattito pubblico, almeno di quello main stream, non fa che amplificare dei timori, latenti, che non possono lasciare indifferenti. Draghi è veramente un uomo dello Stato o è piuttosto un brillante funzionario apicale, che ha legato la sua ascesa, un po’ alla sua preparazione e un po’ all’essere stato sempre dalla parte dei potentati finanziari, nazionali e soprattutto internazionali?

Certo l’ormai ex banchiere, è stato dipinto come l’uomo del “Bazuka”, che salvò l’Euro e l’economia italiana dalla bancarotta (attraverso l’acquisizione illimitata dei titoli di stato italiani mediante la Banca Centrale Europea, che ha presieduto per un decennio dal 2011) dopo la crisi dello spread, che si ebbe nel corso dell’ultimo governo Berlusconi, quando la speculazione finanziaria si accanì contro il “Bel Paese”.

Quindi Draghi è diventato l’uomo della salvezza al quadrato: da una parte ha salvato l’Europa e dall’altra ha salvato l’Italia. Mi chiedo se un uomo da solo abbia tutto questo potere, soprattutto considerando che Draghi non è mai stato a capo di un partito politico, non ha mai dominato nel dibattito pubblico e di fatto è stato semplicemente un alto funzionario. Certo di rango. Certo molto competente e serio. Ma un funzionario da solo non ha nessun potere politico, e quindi contrariamente ai sovrani assoluti del passato, a qualcuno dovrà pur rispondere (se non altro a chi ce lo ha messo e ce lo tiene, ma chi?).

Quindi le scelte che ha fatto come presidente della Banca Centrale Europea, dovevano essere per forza largamente appoggiate. Ed evidentemente lo furono, in primis dalla Banca Centrale Tedesca, azionista di maggioranza del sistema bancario europeo, a cui non credo convenisse il fallimento dell’euro (e perché mai? Dato che è stata proprio tale conio la leva monetaria, con cui la Germania è tornata grande), e nemmeno dell’Italia (una vicina troppo grande, troppo strategica su diversi fronti, per cadere nel caos di un fallimento che avrebbe rischiato comunque di far fallire l’Euro, e questa Europa, così tanto voluta, perché evidentemente utile…).

Per questo prima di dire che Draghi è l’uomo della provvidenza ci andrei cauto. Draghi è un grande burocrate, un amministratore, ma non è purtroppo, e per fortuna, dotato di autonomia gestionale per quanto riguarda questioni molto più grandi di lui, e di ogni singolo cittadino. Che poi la sua opera sia stata sempre funzionale agli interessi “reali” del popolo italiano, andrebbe come minimo un po’ analizzato, ricordandone anche i ruoli meno “popolari”, quelli che sono stati rimossi, mai ricordati, per smemoratezza o forse perché problematici, che andrebbero contro alla narrazione corrente, di salvatore della Patria (non ho mai visto un liquidatore fallimentare, essere considerato tale, da parte del fallito, ammesso che l’Italia fosse davvero fallita, negli anni ’90; ma sono andato molto oltre qui e mi fermo, dato che il tema è complesso e non può essere affrontato adeguatamente in questo articolo).

Draghi fu per un decennio, negli anni ’90 il direttore generale del Ministero del Tesoro. Questo è un ruolo fondamentale nell’amministrazione dello Stato, perché da un lato esegue le linee generali delineate dal Governo e dal Parlamento (avendo comunque margini di autonomia, dovuti alla complessità dei settori in cui deve muoversi, difficilmente regolamentabili in un ambito tanto vasto e ciò nonostante “difficile” da normare in ogni ganglio), ma al contempo le condiziona, attraverso un’attività consultiva e di analisi tecnica (ruolo decisivo, perché sovente i politici hanno scarse competenze specialistiche, e devono comunque affidarsi ai pareri dei tecnici, come già sottolineava più di un secolo fa un certo Max Weber).

Allora dovremmo ricordare cosa successe in Italia negli anni ‘90, fino al 2001, che comportò l’entrata nell’euro (1 gennaio 2002, quando la moneta unica inizia a circolare).

Furono gli anni delle grandi privatizzazioni. Gli anni in cui lo stato italiano cambiò faccia definitivamente. L’anno in cui i vari governi, di cui ben tre tecnici (Ciampi, Dini, Amato) liquidarono quasi interamente le partecipazioni statali nel settore economico, bollate come inefficienti (sia in principio, che di fatto), e quindi supreme responsabili dell’immane indebitamento dello Stato italiano.

A mio modesto parere, in quegli anni si buttò via il bambino, con l’acqua sporca. Perché se era vero, che la politica italiana, come emerse con le inchieste del pool di “Mani Pulite” era diffusamente corrotta, non era altrettanto vero che l’idea di uno Stato attore anche economico, fosse sbagliata, inutile o peggio, negativa.

I fatti lo dimostrarono.

Infatti, nonostante la (s)vendita del settore pubblico (sessanta miliardi di euro stimati, niente, rispetto ai risultati ottenuti), che fu limato sino all’osso, crivellato sotto la spinta del raggiungimento dei parametri di Maastricht (deficit annuo non superiore al 3%, e un impegno decisivo nella riduzione del debito pubblico, posto sul modello tedesco ad un utopico 60%), che divennero dogmatici (ma stabiliti come? E nell’interesse di quale economica e sotto la spinta di quale idea di società?), anche perché tassativi per entrare nell’euro (come che l’Italia fosse un Paese qualunque, di cui si poteva fare facilmente a meno, e come se non avessero potuto pattuire i nostri governanti dei parametri più realistici, perché più coerenti col sistema sociale ed economico italiano), il debito pubblico italiano ha continuato a crescere, tanto che oggi siamo al massimo storico (nel 1991 era al 98%, nel 2019 quasi al 135%, oggi dopo la crisi del Covid, rischia di sfiorare il 160% ).

Quindi nonostante le misure di austerità finanziaria, il debito ha continuato a salire, fallendo miseramente gli obiettivi che hanno giustificato tutte le politiche economiche restrittive degli ultimi 30 anni. Anche a causa di tassi di crescita del Pil bassissimi, tra i peggiori al mondo.

Ma perché ricordare questo passato così lontano eppure così presente nei suoi effetti? perché il direttore esecutivo di questo piano di privatizzazione (e quindi tra i responsabili morali e politici) fu il nostro salvatore della patria, Mario Draghi.

E’ ovvio che quindi delle perplessità circa il ruolo di primissimo piano che egli ebbe durante l’epoca delle privatizzazioni selvagge degli anni ’90 ci siano.

Altra cosa che in pochi ricordano è il ruolo di primissimo piano che ricoprì in Goldman Sachs nei primi anni del 2000, in una fase storica della finanza americana non proprio delle più edificanti. Proprio quel periodo immediatamente precedente alla crisi del 2008, della quale la banca di investimento americana ebbe gravissime responsabilità.

Che nessuno riguardo a questi trascorsi lo abbia intervistato, sembra veramente strano, ma evidentemente da unto del Signore, è esentato a rispondere delle sue azioni, se non di quelle “meritevoli”, le altre sono esentate.

La carriera alla Goldman comunque è breve, dato che dal 2006 al 2011 è governatore della Banca d’Italia e nel novembre 2011 diventa addirittura Presidente della Banca Centrale Europea, su proposta del quarto governo Berlusconi, oramai moribondo sotto le sferzate della crisi finanziaria, causata dalla speculazione internazionale, e le svariate inchieste giudiziarie in cui era incorso l’ex presidente Finifest.

Da quando era Direttore Generale del Tesoro, Draghi ne ha fatta di strada. Una carriera brillante. Prima più al servizio del mercato che dello Stato, ma poi sempre più pubblica e istituzionale (ora che forse non c’è più distinzione tra Stato e mercato).

Evidentemente ha agito sempre per il meglio. Ma che le sue azioni siano state sempre dettate da ideali di equità sociale, certo qualche dubbio rimane.

Però, chi meglio di lui conosce le banche e l’Europa per preparare il piano di salvataggio? E quindi se il suo governo ha deciso di chiedere delle consulenze esterne ben venga. Ha già salvato l’Italia vendendo imprese pubbliche per 60 miliardi. Da allora siamo diventati un Paese avanzato in ogni settore e pazienza se il debito è continuato ad aumentare, senza nemmeno il beneficio della crescita economica (cosa che almeno prima di queste misure dra(g)oniane avveniva).

Draghi l’unto dal signore, in virtù del suo successo (che tipo di successo? e conveniente per chi?) e dell’amore sfrenato che hanno per lui tutti (tutti chi?), ha diritto di fare ciò che reputerà giusto, e ciò a prescindere.

Perché lui è un Drago, e il regno dei cieli è già qui (o l’apocalisse?).

Il caso della rimozione del genocidio delle Foibe, cause ed effetti

Nella vulgata storiografica degli ultimi anni, nel dibattito politico è stata divulgata la storia tragica delle foibe, con migliaia di italiani del Friuli, uccisi e buttati in questi orridi profondi. Peccato che non si siano ricordati i motivi per cui per decenni, in Italia sia stato rimosso colpevolmente questo evento tragico del ‘900. Le motivazioni che si sono addotte a tal proposito, sono state semplici e probabilmente anche malevole: la responsabilità è tutta di una certa storiografia comunista, per decenni predominante in Italia, che avrebbe occultato questa realtà indicibile per subalternità culturale e politica, per non irritare il grande fratello sovietico.

Le cose, invece, non stanno propriamente così, anche se alla destra italiana, oggi egemone culturalmente, persino nelle frange di centro-sinistra (si pensi alla Presidenza Napolitano, che tanto si è spesa nel ricordo della Foibe, senza spiegare colpevolmente tutta la vicenda), probabilmente, la vergognosa verità che qui mi propongo di disvelare (in buona compagnia, la letteratura è ampia per fortuna), ciò non piacerà.

Infatti, per quanto sia penoso da ricordare, anche per una Repubblica smemorata come la nostra (quanto è comoda la senilità, in cui i misfatti giovanili, sono provvidenzialmente occultati dalla degenerazione neurologica, con un tempismo, come minimo, sospetto), la realtà delle foibe è frutto di qualcosa di un po’ più complesso, di un semplice favore storiografico degli intellettuali notoriamente si sinistra, ai comunisti sovietici, dato che fu già e per prima, la stessa DC di De Gasperi, scansabile unanimemente di ogni equivoco di ambiguità filo bolsceviche, a ritenere opportuno rimuovere questo fatto drammatico, con una motivazione molto semplice, pragmatica e anche ipocrita: non dover rispondere dei gravissimi misfatti italiani, compiuti sulle popolazioni slave, a partire già dal biennio rosso del 1918-1920, in cui lo squadrismo fascista scoppiò proprio a partire dal Friuli, per poi dilagare in tutta la sua virulenza nell’intero Paese, con la complicità delle istituzioni statali dello Stato Regio, a partire dalla magistratura e delle forze di sicurezza, che non fecero nulla per impedire che questa piccola stola di criminali, potesse agire indisturbatamente instaurando un clima di terrore e di totale impunità.

Per inciso, consiglio vivamente su questo tema, la visione della prima parte di ‘900, in cui il poeta del cinema Bertolucci, nella sua opera magistrale, senza fronzoli o omissioni, raffigura ciò che davvero avvenne in quegli anni, quando lo Stato Regio (fondato sull’alleanza tra esercito, medio-alta borghesia e latifondo rurale), si servì della manovalanza fascista, per randellare a colpo di manganello e brutali pestaggi, gli operai e i braccianti riottosi, che nel famoso biennio rosso, si erano azzardati a rivendicare condizioni di vita e di lavoro più giuste e più eque, in chiave più o meno rivoluzionaria.

Poi, ci sono gli orrori della guerra, in cui furono sterminati oltre un milione e mezzo di slavi, con la collaborazione italiana ai massacri nazisti. Anche per questo la neonata Repubblica italiana, a guida democristiana, per evitare di irritare la neonata Jugoslavia, aveva tutti gli interessi a non parlare dei fatti delle foibe, perché se lo avesse fatto inevitabilmente avrebbe dovuto rispondere a sua volta dei gravissimi crimini italiani nei confronti delle inermi popolazioni slave, vittime di persecuzione politica ed etnica.

Infatti, come più volte aveva dichiarato Mussolini nei suoi discorsi slavo-fobici (rivelando tutto il razzismo implicito alla sua visione politica, razzismo che non fu mai un fatto marginale, ma vero e proprio fulcro di tutta l’azione fascista, dalla guerra all’Etiopia alle leggi razziali del ’38), al popolo italiano, andavano ripresi i confini “naturali” italiani, anche a costo di liquidare qualche centinaio di migliaia di slavi, popolazione etnicamente inferiore.

Un altro motivo buono, per questa operazione di smemoratezza, è invece di natura economica e legale. Andavano infatti evitate rappresaglie legali per evitare onerosissimi risarcimenti internazionali, a quelle nazioni brutalmente colpite, col rischio di una Norimberga italiana.

L’apparato statale del “Bel Paese”, infatti doveva immediatamente essere ripulito, obliando le gravi responsabilità nei crimini fascisti che ebbero magistrati, militari e burocrati, sia per facilitare una sorta di pacificazione sociale (argomento dubbio e di comodo), che anche, e soprattutto, per potersi valere di un apparato statale chiaramente a livello ideologico anticomunista (perché intrinsecamente fascista). Ma ciò fu chiaro già prima del 25 Aprile, quando cioè l’avanzata Alleata, praticamente inspiegabilmente, si arrestò sulla linea Gotica. Infatti, a quel punto, oramai era chiaro che la guerra fosse stata già vinta, e che il nemico non erano più i nazisti, ma i comunisti; e che anzi i vecchi nemici, potevano essere informalmente già assoldati, contro il nemico numero uno, che rimaneva il comunismo internazionale.

Era già insomma iniziata la Guerra Fredda (e la restaurazione) e pazienza che ciò impedì di ripulire i gangli dello Stato Italiano dalle metastasi fasciste. Anzi, in modo spregiudicato e pragmatico, i vecchi nemici, potevano diventare i migliori alleati, per fronteggiare possibili degenerazioni comuniste dello stato italiano. Per questo essi non andavano assolutamente processati, ma al contrario rinsaldati in posizioni chiave, per la “sicurezza” dello Stato. Avrebbero funto, insomma, da anticorpi, e se ciò non fosse stato sufficiente, sarebbero stati i nuclei da cui avviare una reazione, anche a costo di riportare l’Italia nel solco dell’autoritarismo.

La storia italiana dal dopoguerra, d’altra parte non fa che confermare tale lettura. Infatti, a partire dalla strage di Portella della Ginestra, passando per tutte le stragi degli anni 70, sino a quella di Bologna dell’80 (non tralasciando il tentativo di Golpe Borghese, il disvelamento della P2, di Gladio, i contatti tra Stato e Mafia, e il ruolo dei servizi segreti in tutte le pagine più oscure e tragiche della nostra democrazia), e più oltre, sino almeno alle stragi del ’93; hanno convalidato nei fatti tale versione storiografica, questa davvero incredibilmente sottaciuta, eppure chiara e lineare, nonostante gli innumerevoli tentativi di depistaggio e di distrazione, dalla verità, operati per manipolare l’opinione pubblica e l’elettorato nel corso dei decenni .

Purtroppo, però, come per ogni processo di reale guarigione, come era già chiaro dai tempi del dottor Freud (ma precedentemente, almeno a partire dalla tradizione Ebraico-cristiana, a cui il suo pensiero si riallacciava), con la rimozione troppo sbrigativa del periodo fascista e l’amnistia operata nei confronti dei criminali politici di vertice che operarono in quel periodo, anzi con il loro reintegro a pieno titolo, nel nuovo regime democratico, abbiamo di fatto impedito al nostro Paese di crescere, di maturare, di diventare consapevole, e quindi di poter ambire ad un futuro non patologico, a cui invece stiamo assistendo, con la débâcle, del nostro sistema politico, con l’impoverimento inarrestabile della nostra economia, con la corruzione dilagante in ogni comparto, con la perdita di sovranità, e in definitiva, con  il passaggio da una democrazia nascente, a una democrazia non rappresentativa, tecnocratica, soggetta a tutela, e in poche parole, solo apparente, ovvero non sostanziale.